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La società dei devianti. Depressi, schizoidi, suicidi, hikikomori, nichilisti, rom, migranti, cristi in croce e anormali d’ogni sorta… – Piero Cipriano

All’improvviso mi fa la solita domanda che a noialtri capita: perché ha fatto lo psichiatra? Non lo so, le rispondo. Poi ci penso, e le chiedo perché ha fatto la malata. Dice: perché mi conviene. Ecco, pure io ho fatto lo psichiatra per lo stesso motivo.

Lo schizoide è rigido nelle sue decisioni («quando ho deciso qualcosa, la eseguo, a ogni costo», se piove, e ha deciso per un’escursione in montagna, la farà[🡕]). Un sintono, appunto perché in contatto con l’ambiente, è malleabile. Intuisce misura e limiti. La sua vita la possiamo descrivere con delle onde. Al contrario dello schizoide, la cui esistenza ricorda una linea spezzata, spigolosa, aguzza, lo schizoide è egli stesso uno zigzag vivente. Ed ecco che pure quando le esistenze di questi due poli declinano nel patologico, ciò accade perché il sintono, per la sua propensione a vibrare con l’ambiente, a farsi portare troppo in là, si ammala di euforia o di melanconia; lo schizoide, di contro, si ammala per il troppo nascondersi, per il troppo mettersi al riparo dalle intemperie esistenziali, protetto da una parete di vetro sempre più spessa, ancorché trasparente, si allontana infine da ogni cosa, diventa irraggiungibile, si chiude in una torre d’avorio, ed ecco l’evoluzione schizofrenica del poeta schizoide Hölderlin che diventa Scardanelli.