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Carmelo Bene – Quattro momenti su tutto il nulla – 3°: Eros

Tristo. Tristo, n’è vero?, codesto mitologico dettato sulla miseria della scontenta irrequietudine dell’amore.

Groddeck precisa essere la copula un surrogato della masturbazione, e non viceversa. E altrove – cito come a memoria: che cos’è un piacere se non un eccitamento del senso di potenza attraverso un ostacolo, che in tal modo lo fa gonfiare? Dunque ogni piacere contiene anche dolore.

Schopenhauer è solare quando afferma: il sospirare degli innamorati altro non è che il sospiro della specie; il vagito della specie. Gli amanti, giovanissimi e decrepiti, inghirlandano le mani intrecciate, stupidissimamente, fissandosi nelle finestrelle chiuse degli occhi, e sofferenti, smaniosi, paiono lamentarsi d’esser loro, quei due nel chissà dove. Ed emettono suoni che se fossero in sé non ascriverebbero senz’altro alla propria fonatoria emissione. Macché: posseduti e stregati da una sorta di arrogante dualità irresponsabile, non indagano a fondo sulla qualità timbrica e tantomeno sulla estraneità di quelle voci “di fuori”, appunto, che certamente non possono davvero appartenere al nulla in fregola che reclama – è assurdo – la sua urgenza di essere messo al mondo.

Questi vagiti, suoni, sono del “via col vento” e basta. Di quei due che già in anticipo soffrono il marcio della procreazione cui sono condannati: doglie del parto e stolide strazianti astanterie paterne nelle cliniche. Gaude il terzio ch’è no (ndr gode il terzo, il nato che ancora non è, il figlio che ha avuto la fortuna di non venir concepito); e non è davvero il buon dio, che certamente non se la sente di esistere apposta per questo, per combinare scappatelle abortite, indaffarato semmai a rigenerare sé stesso da sé stesso, in quella sua eternità del fuori tema.

Poveri, poveri… Poveri innamorati! Subiscono la sorte dei due termini nella proposizione grammaticale, congiunti da una copula, rovesciando questa proposizione nella vita vissuta. Ogni maschio in amore, a ben pensarci, meriterebbe la castrazione inflitta ad Abelardo, ridimensionato dal suo furor linguistico a canzonettista erotico, da medioeval modista a Farinelli.

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